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GazzSport - Iemmello: "I gol a San Siro, il buio e il ritorno a casa. A Catanzaro sono il Re"

di Angelo Zarra
Fonte: gazzetta.it
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Si fa presto a dire Palanca. Se a Catanzaro, in due riprese negli anni Settanta e poi Ottanta, c’era un attaccante venerato come un principe, oggi un altro lo sta oscurando. Come se a Roma arrivasse un nuovo Totti, o a Napoli un nuovo Maradona. Impossibile? Pietro Iemmello ce la sta facendo, non a caso lo chiamano Re. Sì, Re Pietro. E come tutti i personaggi mitologici ha una storia tortuosa alle spalle, che da gennaio 2022 l’ha riportato a casa per un finale da favola. A Catanzaro, nella sua città, ha vinto un campionato di Serie C segnando 28 gol (record della categoria) e da due stagioni insegue ai playoff il salto in Serie A, intanto è capocannoniere della B. Palanca da Camerino diventò mito segnando 119 gol in 331 partite, uno ogni tre. Iemmello con questa maglia è a 65 gol in 112 e ha una media migliore (uno ogni due). Ma è il Re. Ed è soprattutto l’attaccante che ha vissuto tre volte. 

La prima: le giovanili della Fiorentina, la gavetta e la A.

"Io in Primavera con Babacar, allenatore della prima squadra Mihajlovic: ho fatto un ritiro con lui, un uomo vero. Poi Gilardino mi fece prendere dalla Pro Vercelli allenata dal suo amico Braghin, abbiamo vinto la C e da lì è cominciato tutto". 

Un carattere ribelle ha forse rallentato la sua crescita. 

"Ero molto istintivo. Poi negli anni sono cambiato, adesso conto fino a 5, allora no. Qualche lite di troppo con allenatori e dirigenti, non dovevo. A Lanciano scappai dal ritiro, ma il ds Leone e l’allenatore D’Aversa capirono. Altri no, e questo mi ha fatto perdere un po’ di tempo". 

Hanno vinto le sue qualità. 

"La svolta a Foggia con De Zerbi, da lì mi prese il ds Angelozzi a Sassuolo: volevano mandarmi in prestito, ma ero terzo attaccante dopo Defrel e Matri, ho voluto giocarmela e sono arrivato a segnare a San Siro, battendo con i miei gol l’Inter col Sassuolo e il Milan col Benevento". 

Quello è stato il top della carriera?

"Dopo i due gol all’Inter, Angelozzi mi disse: “Mi ha chiamato Ventura, ti segue per la Nazionale”. Quindi avrei voluto, l’anno dopo, fare il titolare, ma a Sassuolo non c’era la possibilità. Così andai a Benevento, che mi pagò 7 milioni, ma con un problema al ginocchio che ho risolto solo un anno e mezzo dopo. Per me quello è un grande rimorso". 

Alla fine di quell’epoca – giugno 2018 – è anche nata Violante. 

"A livello privato ero al top, ho scoperto la gioia di essere padre". 

Poi però qualcosa s’è spento, quattro anni di buio, due retrocessioni in C, l’esilio al Las Palmas. 

"Il ginocchio mi tormentava, ogni dolorino mi destabilizzava. Ero tornato a Foggia per spaccare, ho fatto solo 7 gol e siamo retrocessi. Come a Perugia l’anno del Covid, però dopo averne fatti 19". 

Si racconta che a Foggia il gioco d’azzardo le abbia creato qualche problema, c’è stata anche un’auto bruciata e un’aggressione in campo quando vi è tornato da avversario. 

"A La Spezia dicevano che ero gay, a Foggia mi accusavano di queste cose. In realtà a Foggia era stato terribile, mi sono fidato dei dirigenti e ci ho rimesso 250mila euro. La verità è questa: se giocavo a poker o a una macchinetta, che male c’era?". 

A gennaio 2022 la scelta di tornare a casa. 

"Ho valutato pro e contro. In realtà di pro non ce n’erano... Ero fermo da 8 mesi, stavo male, la squadra non andava bene. I tifosi non vedevano l’ora, avevo bisogno di tempo. Ma sapevo che la stagione vera sarebbe stata quella dopo: così è stato". 

Profeta in patria: mica è facile... 

"Vero. A Catanzaro poi ogni piccolo problema diventa gigantesco, ma era un mio sogno giocare nella squadra della mia città, della quale sono sempre stato tifoso e dove ho famiglia". 

Sul mare della Calabria, anni prima, conquistò sua moglie, l’attrice Giulia Elettra Gorietti.

"Era qui per lavoro, io in vacanza. L’avevo martellata su Instagram, non mi rispondeva, così mi sono presentato in hotel e l’ho portata su uno scoglio nascosto, con una grotta. Lì ci siamo innamorati". 

A Catanzaro in tre anni e mezzo 65 gol. 

"Sono 71 con playoff e Supercoppa di C, ci tengo. Mi dicono che devo raggiungere Palanca...". 

Lui però a Catanzaro giocò per 11 anni... 

"Certo... Io penso a quello che posso lasciare a Catanzaro per entrare nella storia della mia città, e credo già di esserlo. Con Bkt abbiamo realizzato un campetto, c’è un murale con la faccia mia e di Palanca insieme ai bimbi che giocano. Lui resta un mito, io spero che rimanga Iemmello Pietro". 

D'altronde i tifosi la chiamano Re. 

"Anche a Foggia era così, per la verità... Mi fa piacere, ma a volte me ne vergogno un po’". 

Non l’hanno mai chiamata “Margheritoni”? 

"Andrea Roncato, compagno di mia suocera, è rimasto quello che vediamo nei suoi film, ha sempre la battuta pronta. Qualche settimana fa mi ha scritto: “Catanzaro-Cosenza 4-0, Bologna-Lazio 5-0: la giornata perfetta”. Un grande...". 

Non è mai stato capocannoniere in B, adesso è vicino al titolo: lei a quota 16, Pio Esposito a 14. 

"Il tempo c’è, ma attenzione: i gol devono servire per fare i playoff, che non sono ancora sicuri". 

Il suo rivale ha 14 anni meno di lei. 

"Oggi Pio è mio rivale, domani volerà in A e diventerà il nuovo attaccante della Nazionale: con lui e Camarda il futuro azzurro è in ottime mani".


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Domenica 20 Aprile 2025