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Serie B: il punto sulla 7a giornata

di Marco Lombardi

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© foto di Dario Dinocca/BasicStudios

Un  campionato senza padroni in cui a regnare è l’equilibrio. Questa è la fotografia della serie B dopo la 7a giornata di andata. Nessuno riesce a prendere il largo: sono 11 le squadre raccolte in un fazzoletto di punti.  In testa c’è il Frosinone, bloccato a domicilio dalla Cremonese. I ciociari inaugurano il nuovo stadio “Benito Stirpe” con un pareggio ad occhiali. Gara a senso unico, netto il predominio dei padroni di casa. È il Leone a menare le danze attaccando a testa bassa, mentre i grigiorossi si limitano a “parcheggiare il pullman” davanti alla porta di Ujkani, provvidenziale in più occasioni. Malgrado gli sforzi generosi, tuttavia, la squadra di Longo non riesce a scardinare la linea Maginot eretta da Tesser e deve accontentarsi di un solo punto. Che vale, però, il primato solitario in classifica. Ad incalzare il Frosinone a una sola lunghezza troviamo il Palermo, che sopperisce alle defezioni e coglie un punto prezioso ad Ascoli, il Perugia, sconfitto da un Brescia trascinato dall’eterno Caracciolo - dell’Airone la rete del pareggio e l’assist per il gol vittoria di Bisoli -, e l’Avellino di Monzon, che si è imposto in rimonta su un Empoli indecifrabile - troppo altalenante il rendimento dei toscani -. Breve inciso sugli irpini. In tempi non sospetti ho inserito i lupi nel lotto delle squadre in grado di ambire ad un posto play-off… Devo dire che i fatti, per ora, mi stanno dando ragione. La rocambolesca affermazione ai danni della quotata compagine di Vivarini è la prova tangibile dello spessore dell’organico biancoverde, sapientemente plasmato da Walter Novellino.

Salgono Pescara, Venezia e Spezia. Lineare e cinico, il Delfino espugna il “Cabassi” di Carpi e per la seconda gara consecutiva mantiene la porta inviolata. Evidentemente, dopo la valanga di reti incassate nelle prime 5 di campionato, Zeman ha provveduto a serrare le maglie adottando i dovuti accorgimenti. Di certo, le imperfette condizioni fisiche di Mbakogu hanno agevolato il compito di Bovo e compagni. Ci voleva la Ternana di Pochesci, invece, per rivitalizzare e veder rifiorire l’asfittico attacco del Venezia. Prima della sfida del “Liberati”, i lagunari 3 reti le avevano segnate in 6 partite. Un dato che dovrebbe far riflettere. A lungo andare i veri valori emergono di pari passo con  le lacune endemiche degli organici. E la rosa degli umbri, obiettivamente, è tra le meno attrezzate della categoria. Impossibile, peraltro, non notare un certo “scollamento” tra i mirabolanti proclami di inizio stagione - “play-off obiettivo minimo, serie A in 2 anni” ecc… - e i risultati deludenti finora conseguiti. Suggerirei di pensare a conservare la categoria, prima di avventurarsi in arditi voli pindarici… Vince anche lo Spezia, che fatica per avere la meglio su un Bari “camaleontico”, a tutt’oggi senza una precisa fisionomia e identità. Deludente l’avvio di stagione dei pugliesi, sempre e sistematicamente sconfitti in trasferta. Siamo solo alla 7a di andata, ma è pleonastico evidenziare che questo ruolino di marcia non è consono a chi nutre ambizioni di promozione. E intanto comincia ad agitarsi lo spettro dell’ennesima stagione anonima: un déjà vu. Tanti i grattacapi per Fabio Grosso, che domenica contro l’Avellino dovrà letteralmente inventarsi la difesa per la contemporanea assenza di tutti i centrali di ruolo.

Delude anche il Parma, presuntuoso ed immaturo per i piani alti della classifica. Al “Tardini” i ducali sciupano un doppio vantaggio contro una Salernitana tutt’altro che trascendentale e nella ripresa non solo si fanno raggiungere ma addirittura rischiano il ko. Decisiva l’intuizione di Bollini, che vara un più offensivo 3-4-3 e getta nella mischia Sprocati da cui piedi educati germoglia la remuntada granata. Un attacco con le polveri bagnate, mancanza di collegamenti tra i reparti e scelte tecniche opinabili - riciclare Scaglia ad esterno basso non paga, non essendo congeniale alle caratteristiche spiccatamente offensive del giocatore -  completano l’harakiri gialloblù. L’impressione è che il Parma, attualmente, sia un coacervo di grandi solisti, incapaci di ragionare da squadra.      

In coda la Pro Vercelli cala il pokerissimo, annichilisce il Cesena e cede ai romagnoli lo scomodo ruolo di cenerentola del campionato. Vittoria con luci e ombre per le bianche casacche. Tra le note positive la fluidità della manovra e un gioco a tratti piacevole, orchestrato dall’immarcescibile Vives. Per converso, tante, troppe, amnesie difensive. Alcune addirittura pacchiane. Se al posto del malconcio Cesena ci fosse stata un’altra squadra, difficilmente la Pro avrebbe rimediato due volte allo svantaggio... Quanto ai romagnoli, il 5-2 incassato al “Silvio Piola” è costato la panchina ad Andrea Camplone, silurato e sostituito da Fabrizio Castori. Ora, sui fallimenti delle “minestre riscaldate” - perché di questo si tratta - esiste una copiosa letteratura, che sarebbe tediante snocciolare.  Ciò non significa che il Castori-ter  sia ineluttabilmente destinato a risolversi in un fiasco, tuttavia la decisione di affidarsi al tecnico marchigiano sa tanto di “panem et circenses”: una mossa demagogica e ben calcolata funzionale a sedare la crescente contestazione della tifoseria facendo leva sul credito illimitato di cui gode Castori in seno alla stessa. Ad ogni modo, adesso non ci sono più alibi. Per nessuno. Finalmente potremo appurare se il problema era Camplone o la pochezza disarmante di una rosa male assortita.   

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