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Il Secolo XIX: "Criscito: 'Genoa, il destino perfetto'"

di Marco Lombardi

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Criscito
Criscito
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

"Criscito: 'Genoa, il destino perfetto'”, Il Secolo XIX.

Intervista al difensore che contro il Bari ha giocato la sua ultima partita.

Un rigore e un sorriso. Per celebrare il destino perfetto. «Quando l'arbitro ha fischiato ho iniziato a ridere in campo, neanche io ci credevo. Poi ho visto Puscas che mi è andato a prendere la palla perché io non ce la facevo, ero infortunato al polpaccio. Sul dischetto in due secondi mi è passata in testa tutta la carriera: credo che nessuno mai abbia dato l'addio facendo gol con l'ultimo pallone toccato». Mimmo Criscito ha il volto della serenità. Aver chiuso la carriera nel suo Genoa, a 36 anni, al termine di una stagione che ha riportato il Grifone in Serie A, lo ha ripagato di quella delusione che, sempre dal dischetto, un anno fa aveva messo quasi la parola fine alla corsa salvezza del Grifone. Un anno dopo, tutto è cambiato.



Criscito, impossibile immaginare un finale di carriera migliore di quello che ha avuto?



«È stato incredibile, se poi pensiamo a quello che è successo l'anno scorso e a quello che ho passato dopo aver sbagliato quel rigore... Poi è arrivato il rigore contro il Bari. Alla fine è andata bene e la cosa più bella è che tutto lo stadio aspettava questo momento. Di quello che è successo dopo aver tirato non ricordo più nulla, solo l'abbraccio dei compagni ma ho sentito l'abbraccio di tutti i 35 mila del Ferraris».



Prima di calciare aveva un'espressione un po' preoccupata: temeva di sbagliarlo?



«No. L'arbitro mi ha fatto spostare indietro il pallone. Poi si è avvicinato Cheddira che, con il sorriso mi ha chiesto: “mi spieghi come fai a tirarlo se sei infortunato?”. E io gli ho detto “non lo so”. Ero arrivato allo stadio con la massima serenità per godermi tutto. Sembravo un bambino al luna park».



La notte prima dell'addio è riuscito a dormire?



«Nelle notti precedenti ho faticato e quella prima della partita non sono andato proprio a letto. Il pomeriggio in albergo mi sono addormentato, la sveglia non ha suonato e ho fatto 5 minuti di ritardo a merenda. Allo stadio c'era l'atmosfera giusta per una festa. Poi all'improvviso Badelj si è lanciato dentro l'area e si è procurato il rigore. A fine gara mi ha detto: “l'ho fatto per te”. Certo, perché ho segnato, altrimenti mi toccava giocare un altro anno».



Si dice che non esistano più i giocatori bandiera, ora anche lei, che è diventato il “cuore del Genoa”, lascia. Si può essere ancora un simbolo?



«Penso proprio di sì. Se un calciatore si innamora di una squadra è giusto che continui fino alla fine nello stesso club. Nella carriera di un calciatore ci sono dei momenti difficili, è normale, come il mio l'anno scorso dopo il rigore sbagliato nel derby. Qualche genoano è rimasto deluso perché già da qualche mese prima si parlava del mio trasferimento a Toronto. Poi resto, sbaglio il rigore e parto. Alla fine penso che tutti abbiano capito la mia genoanità. Il mio tatuaggio “Tutto tornA”, significa anche questo: l'anno scorso ho deluso tante persone ma ora sono riuscito a riportarle dalla mia parte» [...]. 

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