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VIAGGIO FRA LE DELUSE DELLA B: FOTI, IL CENTENARIO COME L’ANNO DELLA RETROCESSIONE? VARESE, CHE CONFUSIONE. JUVE STABIA, GLI ERRORI ERANO CHIARI ED EVITABILI

di Marco Russo

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E’ inevitabile. Un assioma incontrovertibilmente connaturato al calcio e allo sport, più in generale: la delusione come componente intrinseca alla manifestazione sportiva. E in questa serie B, di deluse, al limite della “depressione”, il campionato è fitto. Perché dare consistenza ai proclami e alle pretese di inizio anno è diventata una chimera per un nutrito gruppo di formazioni. Volete i nomi? Non lo diciamo di certo noi, è la Suprema Corte della classifica a delineare la griglia dei rimandati e dei bocciati.

La condanna, in via di pronuncia definitiva, pende sul capo della Juve Stabia: l’idea del ritorno in Lega Pro è la scomodissima realtà con cui ormai da mesi devono convivere i tifosi stabiesi. Manca poco ad una conferma ufficiale, il destino è segnato. Ne avrà da recriminare il presidente Manniello, primo tifoso e primo attore, suo malgrado, del disastro di questa stagione. Appellarsi ad una sfortunata e improvvida congiuntura di eventi, sarebbe ingenuo e estremamente riduttivo. Probabilmente bisognava dare sin dall’inizio maggiore linfa, nella qualità e nelle soluzioni, ad una rosa che ai nastri di partenza poteva sì contare su elementi di sicura affidabilità (Lanzaro, Contini, Caserta) ma anche su tanti, troppi, punti interrogativi. A cominciare dalla soluzione tecnica. Braglia ha fatto miracoli con le Vespe ma dopo anni sì prestigiosi ma pur sempre logoranti, era il caso di affidare ad altri la guida tecnica della squadra.

Recriminazioni, si diceva. Quelle che scuotono gli animi di Lillo Foti, alla Reggina. Pensate che cosa potrebbe significare far passare agli annali l’annata del Centenario come quella dell’inabissamento nella terza divisione. Di più infamante, nulla potrebbe esserci. Perché la realtà fa a cazzotti con i proclami dorati di inizio stagione. Leccarsi le ferite e ripartire, potrebbe non bastare più dopo quattro cambi di allenatore e la manifesta e palese voglia di Foti di passare la mano.

Di lasciare, nonostante le pressioni di una piazza fino ad ora ostile, non ne ha la minima intenzione il presidente del Padova Diego Penocchio: il quartultimo posto lascia ancora aperte le possibilità di salvezza ad una squadra che, però, per qualità e spessore dell’organico a disposizione, poteva far senz’altro di meglio. Lo sanno i tifosi, lo sa la dirigenza. Ma l’esperienza e il talento dei giocatori a disposizione di Serena (chi altro che prova a dimenarsi nel fango delle ultime posizioni può fare affidamento su Improta, Rocchi e Pasquato?) possono essere gli argomenti giusti per ascendere dal pantano e regalare un minimo di serenità ad un ambiente che assomiglia ad una polveriera. A questi livelli, non si è ancora arrivati a Brescia. Le testimonianze di affetto incrollabili di una delle tifoserie più importanti del torneo, sino ad ora, hanno dato compattezza ad una formazione in chiara difficoltà dal punto di vista dei risultati. 40 punti, per una squadra allestita (parole del presidente Corioni) per ambire alla promozione diretta, sono una miseria. Di fatto, la salvezza non è ancora stata raggiunta e convivere con l’ansia da retrocessione è ancora più difficile per una realtà da sempre avvezza ai piani alti del campionato.

Chiusura per Varese e Ternana. Non malissimo ma neanche bene. In questo limbo va collocata l’annata delle due squadre. Il viavai Sottili-Gautieri come specchio di una stagione in cui insolitamente, a Varese, ha regnato la confusione. I playoff, dimora abituale dei lombardi, sembrano una chimera. Dalla Ternana, poi, ci si aspettava qualcosa in più. Se l’aspettava in primis la dirigenza che ha allestito un organico di primo livello. Gli umbri pagano l’andazzo negativo della gestione Toscano perché con Tesser (e cioè da 11 partite) la squadra non perde più. Qualche pareggio di troppo, ad inspessire quel rammarico da una stagione che “poteva essere, ma non è stato”.

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