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Grosseto, si ammaina una bandiera

di Federico Errante
Fonte: grossetosport

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Foto
© foto di Luigi Gasia/TuttoNocerina.com

E venne il giorno dell’addio a Luigi Consonni. Sette anni ricchi di soddisfazioni, ma il calcio, si sa, sotto questo aspetto è impietoso. I ricordi resteranno, ma la squadra – come è giusto che sia – va avanti e per il futuro ci saranno nuovi protagonisti ed una maglia per cui il tifoso, sempre e giustamente, inneggia. Al di là delle categorie, al di là di chi la indossi. Questo è evidentemente dei grandi addii, basti pensare ad Alex Del Piero alla Juventus, o ai vari Seedorf, Gattuso e Nesta al Milan, calciatori che hanno fatto la storia recente delle loro squadre e che resteranno nella memoria di chi li ha incitati.

Vero è che in un calcio professionistico dove non ci sono quasi più bandiere – quelle cioè che nascevano e finivano nella stessa società, vedi i Totti, i Maldini, i Del Piero, in Bergomi od i Baresi – anche sette anni sono tanti e fanno assurgere alla storia quasi come se lo si fosse. Chiaro è che in quella di questa società ci sono tanti calciatori che hanno indossato la maglia biancorossa per più tempo, magari in altri campionati, ma comunque con gli stessi colori addosso (chi può dimenticare i Pucci, i Salerno, i Carmignani, i Ciacci, i Carpenetti, i Meacci, gli Zecchini, i Palazzoli, i Bartolini ecc. ecc.). Contro Consonni, alla fine, ha giocato l’età. Era già un professionista maturo (28 anni) quando arrivò in Maremma segnalato da Max Allegri e qui ha trovato sicuramente quello che gli era sfuggito altrove, cioè la serie B, già conosciuta ma mai mantenuta e che invece in Maremma è diventata per lui una piacevole realtà.

Un giocatore che è stato sempre rispettato dai tifosi, anche se, è giusto dirlo, negli ultimi anni in cadetteria ha anche diviso sul piano tecnico. A tratti si è registrata quasi una guerra di religione tra chi, “consonniano” convinto, lo avrebbe voluto sempre e comunque in campo, e chi invece riteneva che, forse, il suo addio sarebbe potuto avvenire anche prima. Consonni di sicuro è stato anche un calciatore ingombrante in uno spogliatoio non facile, come hanno dimostrato anche i fatti recenti, che ha spesso riscosso il consenso di allenatori che, magari, della sua ombra avevano bisogno. Certo è che la sua carriera a Grosseto si chiude in maniera immacolata, dopo un processo sul calcioscommesse che ha visto la sua immagine uscire rafforzata con un proscioglimento di cui pochi avevano dubbi. Anche per questo, forse, Piero Camilli alla fine ha comunque voluto fargli un’offerta. Forse non all’altezza di quello che si attendeva Consonni, forse troppo più bassa rispetto a quello che potrebbe ancora guadagnare in altre realtà. Evidentemente accettabile – secondo il Presidente- per un uomo, prima che un calciatore, che ha sposato la Maremma per restarci a vivere. Se l’addio è stato sancito, chiaramente, un motivo ci sarà stato e, a malincuore, Consonni saluta e se ne va. Ma a questi livelli il calcio è professione e le bandiere, purtroppo, non esistono più. Giusto, dunque, decidere di lasciare se quanto proposto non è ritenuto adeguato o se, magari, si è avvertita l’offerta come non convinta da parte della proprietà. Camilli su questo fronte ha detto una cosa chiara: “Consonni ha dato tanto, ma ha anche preso tanto!”. Una verità. Il calcio di oggi infatti non è più romantico. Tu dai ma pigli. Inutile fare filosofia sociale dicendo se dai di più di quanto guadagni o se sia giusto farlo per dare due calci al pallone. Questo si chiama mercato e nel calcio globalizzato dove si acquistano per cifre a sei zeri calciatori in erba che non hanno curriculum diventa inutile ragionare sul fatto se le scelte siano giuste o meno. Sono state fatte e basta. Dunque grazie a Consonni per ciò che ha fatto nella storia recente del Grosseto, ma da domani chiuderemo per sempre una pagina restando affezionati all’unica cosa che resterà per sempre, cioè una maglia biancorossa che da 100 anni ci accompagna in tutta Italia e che ha una gran voglia di continuare a scrivere la storia!

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